Marketing

A piedi nudi sulla spiaggia digitale del Visual & Content Marketing: intervista a Elisa Pizza

Una piacevole chiacchierata con una fotografa freelance appassionata di scrittura per il web

Per far crescere un progetto sul web, portandolo su livelli mai toccati prima, è necessario sviluppare una strategia di marketing digitale che includa diverse attività. La comunicazione digitale odierna esige una perfetta combinazione tra contenuti testuali di qualità, ovvero utili e informativi, e immagini/foto degne di un vero professionista. Ecco perché abbiamo deciso di fare due chiacchiere su questo connubio Visual & Content Marketing con Elisa Pizza, fotografa freelance con la passione per il Copywriting.

  • Buongiorno Elisa e grazie per aver accettato il nostro invito. Sei passata spesso a trovarci al nostro stand nell’ultimo WMF di Rimini, la grande fiera dedicata ai professionisti del marketing che ha visto Keliweb tra i grandi protagonisti. Che ricordo ti è rimasto di quei tre giorni?

Buongiorno Vincenzo e grazie per quest’intervista. Sono emozionata. Si può dire, vero?

Al WMF ci siamo finalmente visti, dopo esserci tanto scritti. Per me è stata la prima partecipazione a questo evento e ho deciso di farlo unendomi al team social, quindi sono stati tre giorni carichi di tante sensazioni.

Il primo ricordo, quello che nasce senza riflettere troppo, è di una gran bella esperienza, faticosa e intensa, ma in senso buono. Ho incontrato molte persone con cui ero da tempo in contatto sui social, incluso te. Mi piace tanto quando le fotografie “si riempiono”, diventano tridimensionali, con braccia, gambe e voce. Mi è rimasta addosso una sensazione di fermento positivo, quello del mondo digital, che è in continua espansione. Insomma, possiamo fare tanto, forse non tutto, ma tanto.

Perciò se dovessi dirti il ricordo più grande, quello un po’ più ragionato, è di aver toccato con mano la miriade di opportunità che abbiamo in questo ambito di lavoro, e dobbiamo solo attivarci per coglierle.

  • Come e quando hai iniziato a interessarti di marketing digitale?

Ne ho sempre letto, perché leggo un po’ di tutto, ma ho iniziato a interessarmene attivamente un paio d’anni fa. Per molto tempo, nella mia vita, ho scelto di fare quello che credevo gli altri si aspettassero da me: lavori stabili e regolari.

A un certo punto, dopo vicissitudini che non sto qui a snocciolare, ho capito che quelli che contano – famiglia, parenti vari, amici stretti –, da me e per me si aspettavano solo una cosa: che io fossi felice.

Da lì in poi ho deciso di reinventarmi e dedicarmi a delle passioni che avevo sempre lasciato nel cassetto: la scrittura e la fotografia. Il marketing digitale, quindi, è stato un passo obbligato. Se vuoi lavorare, facendo di internet uno strumento della tua professione, devi farci amicizia e farne un alleato. In poche parole, lo devi conoscere il meglio possibile.

  • Sei una fotografa professionista che può fornire ai nostri lettori qualche spunto interessante sul concetto di Visual Marketing: perché l’immagine acquista oggigiorno sempre più potere?

Uhm, tasto semidolente. Quando hanno iniziato a vedermi con una reflex in mano, hanno cominciato a chiamarmi fotografa, ma la verità è che io non mi ritengo tale. Professionale sì, professionista no e ti dico perché.

La fotografia non è il cuore di quello che faccio, ma un tassello, di sicuro molto importante.

Questa storia dei fotografi professionisti, da quando sono arrivate sul mercato le reflex digitali, è stata un po’ inflazionata. I veri professionisti, a mio modesto avviso, sono quelli che di fotografia ci vivono. Io la uso come supporto.

La verità è che mi piacciono le belle immagini e così, dopo anni di fotocamere integrate negli smartphone, ho capito che dovevo fare l’upgrade a una macchina professionale. Per fortuna, aggiungerei, visto che nel giro di qualche mese ho iniziato a collaborare con una compagnia di teatro.

Venendo alla tua domanda, c’è da dire che l’immagine è sempre stata un potente strumento di comunicazione, a livello storico proprio. Mi vengono in mente le incisioni rupestri, o la calligrafia cinese, che agli esordi era di natura esclusivamente pittografica, e poi i dipinti, fino ad arrivare alla fotografia. L’essere umano comunica per immagini da molto prima di elaborare la scrittura. Un’immagine può emozionare più facilmente e raggiungere più persone di quanto non sia in grado di fare un testo scritto. Trovo logico e naturale che abbia così tanta forza.

  • Quali sono i motivi che rendono la comunicazione visiva molto più efficace rispetto ad altre forme?

L’immediatezza, senza ombra di dubbio. Le immagini sono dirette, comunicano in modo più accessibile. Un visual ben strutturato può veicolare un messaggio anche a chi non parla la stessa lingua, o a chi ha poco tempo.

Nelle nostre vite frenetiche, un’immagine può dirci in pochissimi secondi quello che un testo scritto impiegherebbe diversi minuti a comunicare. L’immagine si fissa nella memoria perché abbiamo bisogno, passami il concetto, di meno competenze per recepirla e ha il potere di toccare con più facilità le nostre corde emotive. Anche un testo scritto ci può emozionare, ma se non conosco la lingua in cui è scritto, per esempio, non lo capirò neanche. Se è scritto in modo poco chiaro, il messaggio non passerà, figurati che fine possono fare le emozioni. Le immagini, questi ostacoli, non li incontrano.

In un’ottica di comunicazione efficace, il visual dovrebbe avere la funzione di gancio, acchiappare l’utente e trascinarlo verso il contenuto scritto, questo a patto che il testo, poi, non disperda l’attenzione conquistata.

  • In che modo delle fotografie di qualità possono fornire valore a un’azienda?

Le fotografie ben fatte sono belle, e questo credo sia già un valore aggiunto. A chi non piace guardare una bella fotografia? Se poi ritrae qualcosa che riguarda il tuo ambito di interessi o risponde a una tua esigenza, diventa ancora più forte la sua capacità d’attrazione. Io, per esempio, non sono appassionata di food photography – che riscuote molti consensi –, ma rimango comunque incantata a osservare delle immagini di cibo ben composte e con toni cromatici armoniosi, “giusti” (le virgolette sono d’obbligo, nelle discipline artistiche, si sa, il concetto di giusto è relativo).

Una fotografia ben fatta può comunicare all’osservatore molte informazioni sul prodotto e, di riflesso, anche su chi lo produce o lo commercializza. I messaggi contenuti in un’immagine arrivano prima, e se sono di qualità arrivano anche meglio.

L’immagine, così come il testo, parla di noi. Una fotografia sgranata, fuori fuoco, disordinata, a me fa venire in mente una cosa che considero fondamentale, a cui ricollego a cascata tutto il resto: la mancanza d’amore, per quello che si fa e che si vuole esprimere.

Quando non si ama il proprio lavoro, e magari si ha pure un senso di responsabilità labile, una delle prime cose che salta è la di cura dei dettagli. È vero, la perfezione non esiste e se ci si perde nei dettagli si potrebbe rimanere incastrati, ma è la loro somma che genera l’insieme. In conclusione, essere maniaci e perfezionisti non va bene, ma se usiamo immagini pessime, chi le osserva penserà che anche noi non siamo molto meglio.

  • Oltre alla fotografia, un’altra tua grande passione è la scrittura. Proprio per questo voglio chiederti: quali sono le prerogative di un testo di qualità, in particolar modo in ottica aziendale?

Sì, la scrittura è l’altro tassello che completa quello che faccio. D’altronde con la fotografia si scrive attraverso le immagini e con la scrittura si disegnano immagini attraverso le parole. Non è poi così diverso, no? Io le trovo attività assolutamente complementari.

Venendo alla tua domanda, un testo di qualità, come sostengono molti professionisti che ne sanno a pacchi più di me, deve essere semplice. Questo non significa banale o scarno, ma comprensibile.

Mi capita di imbattermi in contenuti che ricomincio a leggere più volte. A un certo punto mi perdo, non ricordo da dove fossero partiti e perché. Penso, tra me e me, “ma cosa stai cercando di dirmi?” e questo non deve assolutamente accadere.

Un testo di qualità deve usare un linguaggio comprensibile, tagliato su misura per il pubblico a cui è indirizzato. Deve avvalersi di frasi brevi, ma compiute, non omettere, né traboccare punteggiatura. Deve portarti gradualmente dal principio alla fine, senza annoiarti e senza confonderti, deve essere coerente. È un po’ come quando devi dare delle indicazioni stradali per farti raggiungere da qualcuno che non ha il navigatore, devi essere abbastanza dettagliato da fargli capire dove e quando svoltare, ma non devi esagerare, pena il rischio che rimanga disorientato.

Sai, alla base di questa nuova “me professionale” ci sono diverse persone. Una, più di altre, è stata un esempio e uno stimolo significativo: Valentina Falcinelli. Nel titolo del suo libro, in sole tre parole, lei ha racchiuso la giusta risposta alla tua domanda: i testi devono parlare. Se non lo fanno, non funzionano.

  • Ti occupi anche di Social Media, e in tal senso vorrei un commento da parte tua sulle recenti voci (in realtà molto più di semplici voci) sulla fuga in massa di utenti da Facebook. Il social di Zuckerberg sta davvero perdendo la sua leadership e, se sì, quali possono essere secondo te le cause?

Mi occupo di Social Media, ma non mi ritengo un’esperta, le mie considerazioni si basano più che altro sull’osservazione, sulla logica, sui miei studi di sociologia e le notti a leggere libri di psicologia.

Premesso ciò, credo che Facebook,in quest’epoca di repentini cambiamenti, sia il social più longevo, ha “tenuto botta” ad alti livelli per tanto tempo.

Uno dei motivi del calo di consenso, a mio avviso, è da ricercare nel fatto che le nuove generazioni non lo trovino interessante, e partendo da questo presupposto lo leggo più come un disinterrese a monte (mancata iscrizione) che una fuga. Il social di Zuckerberg ha visto aumentare per diversi anni gli iscritti, ora forse inizia la fase discendente, ma ha poco di cui preoccuparsi. Tutti migrano su Instagram che è sempre suo e che si fonda, per tornare a tutti i discorsi fatti prima, sul visual.

Il discorso, a volerlo sviscerare, sarebbe lungo. I vari scandali che lo hanno investito, la scarsa consapevolezza degli utenti che condividono senza leggere e spammano fake news come se non ci fosse un domani, i toni aggressivi perché tanto ci si sente al sicuro dietro un monitor e qualche tasto, hanno portato diverse persone a farsi una domanda semplice “ma perché sto qui a respirare quest’ariaccia, quando la vita è già abbastanza incasinata?”

E così restano gli irriducibili, i poco consapevoli e i social media manager, strategist e compagnia e poi restano quelli come me. Quelli che pensano sia un peccato non restare a guardare come andrà a finire, ché lo strumento in sé potrebbe dare ancora molto, ma bisognerebbe educare gli adulti all’uso dei social. Per fortuna si stanno sviluppando molti progetti orientati proprio a questo.

Io la speranza la conservo sempre e continuo a vedere il bicchiere pieno a tre quarti. Magari con una ripensatina e un’aggiustata, potrebbe ridecollare. O forse ha solo preparato il terreno per qualcosa che ancora non vediamo, ma è proprio lì e sta per fare capolino.

  • Quali sono i tuoi progetti professionali nei prossimi mesi?

Che bella domanda. Nel mio futuro più prossimo c’è l’inizio di una collaborazione come editor in un’associazione di promozione, una nuova compagnia di attori da seguire come “fotografa” e delle collaborazioni artistiche con persone conosciute durante alcuni eventi dei mesi scorsi. Poi tante letture per imparare cose nuove, un corso di fotografia avanzato e, spero, tanti weekend in giro per i vecchi borghi, a raccogliere materiale che alimenti il mio blog.

Ringraziamo la nostra amica Elisa Pizza per la disponibilità e la cortesia, oltre che per i tanti spunti di riflessione forniti dalle sue parole in questa intervista.

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