Fake news, cosa sono e perché diventano virali. Il caso del post razzista…
Facebook nel caos: le bufale trovano sempre più spazio, analizziamo i motivi
Nelle ultime ore sta facendo sempre più discutere un post Facebook in grado di fare un vero e proprio boom, provocando una marea di invidia da parte dei marketer che ogni giorno combattono per far diventare virali i propri post. Quello che emerge è l’enorme potenziale delle fake news, forse meglio conosciute come bufale.
Un fenomeno che si cerca di combattere ma che invece sembra lontano dall’essere eliminato.
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Fake news, cosa sono
Prima di entrare nel merito del caso, cerchiamo di dare una definizione del fenomeno. Con l’espressione fake news s’intendono, letteralmente, le notizie false che sempre più spesso trovano spazio sui Social Media. Si tratta di una tipologia di notizia che, come appare fin troppo ovvio, non è nata con il web ma che grazie a internet sta trovando una sorta di “nuova primavera”.
Questo clamoroso e inarrestabile ritorno delle fake news ha delle cause ben precise che, è bene dirlo, deve essere ricercata nella natura stessa dei social network. Non solo, il successo delle bufale ci spinge a ragionare sulla psicologia dell’utente medio che bazzica sui social, potendo così fare un’analisi sul comportamento delle persone su queste piattaforme. Così facendo, magari, si possono avere delle indicazioni precise per costruire post vincenti.
Le fake news, dunque, possono essere definite come quelle bufale che (per un motivo o per un altro) riescono a conquistare l’attenzione e l’interesse delle persone.
Il post razzista che ha fatto boom sui social
Dopo aver definito, per sommi capi, di cosa stiamo parlando quando si usa il termine fake news, possiamo andare alla notizia che tanto sta facendo discutere.
Un post apparso su Facebook, in cui un utente denunciava la presenza di un uomo di colore sprovvisto di biglietto a bordo di un treno Frecciarossa. Per quanto possa sembrare una cosa di poco conto, questo post è riuscito a ottenere una copertura organica clamorosa, arrivando a toccare 120 mila reazioni e più di 70 mila condivisioni. Numeri clamorosi che rappresentano il sogno di ogni Social Media Manager.
Fonte immagine ilpost
Il post in questione (completato dalla foto dell’uomo sprovvisto del biglietto, che abbiamo messo nella copertina dell’articolo) ha ottenuto un enorme successo. Una valanga di commenti hanno fatto emergere il malcontento dei cittadini e una preoccupante crescita di un sentimento di profondo razzismo. Peccato che l’intera notizia fosse… una fake news.
Trenitalia ha confermato, infatti, che l’uomo non era sprovvisto del biglietto. In realtà, il protagonista di questa grottesca vicenda aveva semplicemente sbagliato biglietto, mostrando in seguito quello corretto al controllore. La smentita non è bastata però a placare il caso.
Un chiaro esempio di utilizzo strumentale del social per fare propaganda politica e aizzare gli animi, cercando di smuovere il rancore dovuto ai tristi fatti di Macerata.
Siamo in pieno periodo elettorale, perciò ogni singola cosa viene strumentalizzata vergognosamente per determinati fini politici. È triste però constatare come una fake news sia riuscita a far abboccare un numero così elevato di persone, alimentando un rancore indirizzato verso i più deboli.
Perché le fake news diventano virali
Da punto di vista ideologico, tutti noi siamo contro le fake news. Quando però accadono fatti come quello appena descritto, ci rendiamo conto che le bufale sono in grado di fregarci tutti e di avere una portata clamorosa.
Ma perché accade questo? Cos’è che rende queste bufale così famose?
I motivi del successo delle notizie false vanno ricercate nella loro struttura e, soprattutto, nella loro capacità di andare a stuzzicare gli utenti su argomenti di tendenza. Questo è uno dei segreti delle fake news, la loro capacità di provocare, di scatenare reazioni di pancia. In parole povere, di andare a toccare gli utenti sul lato emozionale.
Per creare una fake news che riesca a raggiungere una copertura organica fuori dal comune, c’è bisogno di fantasia e di quel pizzico di cinismo che “non guasta”. Come detto poc’anzi, il successo delle fake news va ricercato nella loro capacità di essere in linea con gli argomenti più discussi del momento e di spingere con forza sulla polemica.
Post infuocati, titoli altisonanti con un sapiente utilizzo di punti esclamativi e di immagini che siano in linea con quanto detto. L’elemento visual che si lega perfettamente al concetto espresso. La polemica aizza il pubblico e provoca una reazione spropositata, conta poco o nulla il fatto che la bufala venga poi smentita (come fatto da Trenitalia). Ormai il post è diventato virale e per migliaia di utenti quella espressa è diventata la realtà. Uno scenario degno di Black Mirror.
Un panorama apocalittico che però denota alcuni aspetti della nostra realtà, in cui le emozioni trovano spazio sui social e alcuni furbetti riescono a veicolarle per i propri fini. Le fake news riescono ancora oggi ad avere un grande successo e a costruire delle verità inesistenti.
Lasciamo da parte le connotazioni politiche del fenomeno, che non ci riguardano. È però interessante notare come i social (in particolar modo Facebook) siano ancora oggi vetrina ideale per queste bufale che diventano realtà.
Le bufale più famose degli ultimi anni
Come abbiamo detto all’inizio dell’articolo, le bufale non nascono certo con internet. Possiamo dire che i social danno una mano (una grossa mano) a far diventare virali queste falsità, spingendo così gli utenti a pensare in un certo modo rispetto a un determinato problema.
Se alcune notizie false sono semplici da individuare, vista l’assurdità dei contenuti, in alcuni casi si toccano alti livelli di fantasia. Quando si riesce a costruire una bufala fatta bene, i risultati possono essere eccezionali.
Abbiamo citato il caso recentissimo di Trenitalia, ma non si tratta ovviamente dell’unico caso di fake news di successo.
- Barack Obama vieta di giurare fedeltà alla bandiera americana, oltre 20 milioni di like e condivisioni. Era una bufala. - Vaccini e autismo, un legame che ancora oggi è in grado di coinvolgere migliaia di persone. Una delle falsità più vincenti della storia dei social. - Le scie chimiche e gli oscuri piani governativi per il controllo delle menti e la diffusione di oscure malattie. Una fake news "leggendaria" degna dei migliori episodi di X-Files. - Il fenomeno chiamato Blue Whale, spinto con forza da un servizio televisivo. Tutto alla fine si è dimostrato una bufala. - La partecipazione della sottosegretaria Boschi e della presidente della Camera Boldrini ai funerali di Totò Riina, classico esempio di fake news creata per scopi politici.
Queste sono solo alcune delle centinaia di fake news che, negli ultimi anni, sono riuscite nell’impresa di raggiungere un enorme numero di utenti. Condivisioni e interazioni, da questo punto di vista un successo difficilmente quantificabile. Realtà pre-costruite (e fasulle) che diventano vere per gli utenti nonostante le immediate smentite.
Le pagine aziendali in cerca di traffico: bisogna puntare sulle fake news?
Le bufale conquistano il traffico organico, mentre invece i post fatti “come si deve” dai social marketer devono sudare per raggiungere un discreto numero di persone.
Sarà forse il caso di puntare sulle fake news anche in ottica aziendale?
Questo è un dubbio che sorge spontaneo visto che, su Facebook, sembra che solo le notizie false riescano a conquistare fette importanti di reach organica. Chi gestisce pagine aziendali deve invece chiedere continuamente budget per creare post sponsorizzati, attirandosi così le ire dell’imprenditore di turno.
Perché spendere soldi quando con una fake news fatta bene si riesce a raggiungere migliaia di utenti?
In tal senso, il discorso va a cadere inevitabilmente sulla reputazione dell’azienda di turno. Costruire una reputazione solida è un compito difficile, un obiettivo che si può conquistare a piccoli passi attraverso contenuti utili e di qualità.
Puntare sulle fake news, ti giochi la reputazione del Brand
Le fake news sono un’arma a doppio taglio. Se è vero che grazie a una bufala possiamo raggiungere più utenti, rischiamo seriamente di far crollare l’immagine del Brand.
Se c’è un aspetto da cui si può imparare dalla fake news è la capacità di toccare le emozioni delle persone. La grande lezione è proprio questa: essere in grado di seguire le tendenze del momento. Creare contenuti inerenti, sia alla notizia che ai prodotti dell’azienda e al target di riferimento.
Bisogna essere in grado di cogliere le opportunità, facendo un lavoro di Real Time Marketing che (se ben fatto) può dare grande visibilità. Bisogna però evitare nel modo più assoluto di puntare su notizie false per non giocarsi la credibilità. Le fake news costruiscono verità fittizie, è vero, ma non fanno mai crescere la reputazione di un’azienda.
Facebook e la battaglia alle bufale
Dichiarare guerra alle fake news ma, al tempo stesso, fare da vetrina alle bufale che diventano virali. Ecco il clamoroso paradosso di Facebook. Se da un po’ di tempo a questa parte il numero uno dei social ha deciso di combattere le bufale (creando addirittura un decalogo anti fake news) dall’altra esso diventa luogo ideale per la loro diffusione.
Insomma, da un punto di vista formale la battaglia alle notizie false è aperta. Nella realtà fattuale, però, le fake news riescono ancora oggi a conquistare enormi fette di pubblico orientando i pensieri degli utenti.
Un paradosso che rappresenta lo specchio dell’attuale situazione sociale, spezzata a due tra slogan urlati e carichi di tensione che nascondono una povertà di contenuti.
E ora che siamo in prossimità delle elezioni ne vedremo ancora di più…
Si pensa spesso che le fake news alimentino i pregiudizi, ma in molti casi in realtà avviene il contrario – proprio perché confermano bias e sospetti già diffusi, la “bufala” riesce a ottenere questa reach mostruosa!
Ciao Andrea, si tratta in effetti di un fenomeno sociale particolare. I furbetti di cui abbiamo parlato nell’articolo hanno questa capacità di creare queste notizie cavalcando l’onda emotiva del momento. A primo impatto sembra una grande idea, ma un’azienda o un professionista non possono pensare di utilizzare tali mezzucci. Il rischio di far crollare la propria reputazione è altissimo.