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Consigli e buone pratiche per la creazione di contenuti e contenitore efficaci per il Web

I contenuti sono il pane del Web. La loro esistenza è determinante perché, diciamocelo, senza contenuto niente del Web avrebbe senso. C’è però da fare una fondamentale distinzione tra tipologie di contenuto. È vero che qualsiasi elemento che compone il groviglio di connessioni che costituiscono il reticolo informativo, per lo più connessi tramite Google, può esser considerato “contenuto”, ma la distinzione va fatta tra contenuto “di vetrina” e contenuto “di valore”.

Il contenuto “di vetrina” è semplicemente quello prodotto per perseguire scopi aziendali, esplicitamente finalizzati al commercio o al ritorno economico immediato, come ad esempio promuovere un prodotto, mostrare servizi offerti o iniziative.

Il contenuto “di valore” è quello che il soggetto azienda mette al servizio dell’utente, ponendosi come risolutrice di problematiche dell’utente, con lo scopo primario di fare branding o di accrescere l’expertise nel settore al fine di avvicinare l’utente in maniera indiretta ad un brand o servizio.

Sul contenuto di vetrina ci si giunge, di solito, dopo aver interagito con elementi di advertising (Adv Social, campagne di lead, mailing ecc..), per i contenuti di valore genericamente vi si giunge dopo una esplicita richiesta, posta ad un motore di ricerca o con interazioni sui Social, ed è un processo totalmente organico.

Analizzando a fondo entrambe le tipologie, scopriremo che c’è però una comunanza che le lega, un filo conduttore: entrambi nascono per fare business. Anche se i modi sono diametralmente opposti, uno più commerciale e interruttivo, l’altro più orientato all’utilità.

Che uso può farne un utente del contenuto?

In ogni caso l’utente ha bisogno di contenuto. Quello che però è essenziale comprendere è che la scelta di un formato piuttosto che un’altro porterà a risultati differenti, perché differenti sono i benefici che l’utente può trarne. Se nel caso dei contenuti vetrina l’azione di consultazione è fugace ed assume la conformazione di un qualcosa che si consuma in pochi istanti e che arricchisce poco, a meno che non sia presentato un prodotto sensazionale e super innovativo sul mercato, nel caso dei contenuti di valore il potere è elevatissimo in termini di qualità informativa e conoscitiva, e spinge alla divulgazione.

Un contenuto di valore, con le caratteristiche evidenziate di qualità e utilità, innesca il processo naturale di condivisione, a maggior ragione se quel contenuto ha soddisfatto appieno un bisogno di ricerca. Condivisione vuol dire aumentarne l’esposizione, dunque più probabilità di successo.

Questo è uno dei motivi per cui oggi si sente parlare molto di contenuti e di strategia orientata al Content Marketing. Stimolare l’utente è una delle strade che deve esser presidiata maggiormente, perché non punta all’esposizione istantanea e se vogliamo non richiesta, ma ha come obiettivo farsi trovare nel momento del bisogno.

Come procedere? Ad oggi la strada è abbastanza chiara. Sappiamo che esistono moltissimi formati, ma l’idea alla base è semplice: far diventare il brand un editore di contenuti attraverso la produzione di articoli di blog, whitepaper, infografiche, hubsite, social update, ecc… come ben raccontato da Dario nel suo libro sul Content Marketing.

Ma cosa rende un contenuto davvero di valore?

Una volta compresa la strada da intraprendere, e cioè quella basata sulla produzione costante e continua di contenuti, è importante studiare quali sono le caratteristiche di un contenuto realmente di valore. Ne ho individuate tre, vediamoli.

  1. Qualità della tematica. Ogni argomento deve esser scelto in modo da risultare in linea con gli interessi del target di riferimento. L’individuazione di tematiche trasversali, in fase di pianificazione del progetto editoriale, aiuta molto a non andare fuori tema.
  2. Qualità di trattazione della tematica, intesa come la rappresentazione di un set di informazioni non “comuni”, ossia non basate su conoscenza diffusa, ma che trattino una tematica in modo originale ed inusuale, identificando i punti salienti e riproponendoli con occhi analitici ed assolutamente unici.
  3. Complessità del prodotto. Alle volte nel decretare il valore di un prodotto rientra anche la complessità con il quale è stato realizzato. Un contenuto come un hubsite o una video infografica attirano maggiormente l’attenzione per via della curiosità e voglia di scoperta che innescano. Se a questo ci aggiungiamo che si tratta di prodotti complessi, che conservano una quantità elevata di nuove informazioni da scoprire, capiremo perché sono solitamente i più scelti quando si vuole ottenere l’effetto “wow”!

Contenuto, ma anche contenitore

Se è vero che il contenuto è importante, bisogna considerare anche il contenitore all’interno del quale esso gira. L’appeal di un prodotto, tutto sommato, gioca lo stesso ruolo dell’informazione in esso contenuta. Vi suona strano?

Per comprenderlo è sufficiente immaginare un sito pieno di informazioni, anche utili, ma con un appeal grafico deludente, di sicuro non ci farà una buona impressione e con buona probabilità decideremo di abbandonarlo quasi subito. Differentemente un sito ben organizzato, con decoro nella scelta degli elementi che lo compongono ed una buona navigazione, avvicina.

Dunque, l’esperienza utente associata ad un’usabilità efficace permettono al prodotto di ottenere il lasciapassare per attrarre l’attenzione dell’utente, incentivarlo all’esplorazione e portarlo alla condivisione.

Anche nel caso del contenitore ci ci sono due aspetti da contemplare e che contribuiscono ad un appeal vincente del prodotto e sono:

  1. Fattori tecnici
  2. Fattori visuali

I fattori tecnici sono legati strettamente all’aspetto tecnologico dei quali il contenuto si serve per vivere. In questo aspetto un ruolo assolutamente primario è garantire, in fase di apertura, subito dopo il click, che i tempi di risposta e di visualizzazione del prodotto siano in linea con i tempi di attesa dell’utente.

Solitamente l’utente è molto esigente, oltre che molto impegnato, non ha il tempo di aspettare. Secondo me, il tempo massimo di caricamento di una risorsa non dovrebbe superare i 2/3 secondi, questo perché ogni click rappresenta una richiesta da parte dell’utente, solitamente impellente. Se non si offre una risposta che va “dal subito all’immediato” il potere del contenuto dietro il click evapora, ed in taluni casi allontana definitivamente l’utente dalla risorsa e quindi dal brand.

Come agire? Una buonissima pratica da adottare, ancor prima di lanciare un contenuto, è analizzare il sito che lo ospiterà con i tool di GtMetrix.com per capire la salute del contenitore, principalmente in termini di velocità e di consumo di risorse. Un buon punteggio GtMetrix è B, ma ovviamente bisogna lavorare per cercare di ottenere una bella A, sinonimo che tutto è stato fatto con criterio e rigore.

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Scansionare il sito anche tramite Google PageSpeed, vi fornirà un report ancora più puntuale sulle problematiche da risolvere in un sito, spesso connesse al caricamento di risorse esterne come script o CSS, l’uso di immagini troppo grandi o sito troppo intriso di chiamate al database.

Una volta che il vostro sito è ottimizzato, e siete sicuri perché il codice l’avete scritto voi, potreste scoprire che il tempo di risposta del server è un po’ lento e che fatica a caricare immediatamente le risorse, e non c’è nessun plugin di caching che tenga!

In tal caso meglio correre ai ripari e trovare un servizio web hosting più performante, il più delle volte è un problema legato alle prestazioni della macchina che ospita.

Infine, i fattori visuali intervengo nella parte esteriore del contenuto. Gli elementi di design grafici, la formattazione dei testi o il giusto quantitativo di informazioni presenti in una pagina, ma soprattutto il layout responsivo sono elementi essenziali che completano le buone pratiche di somministrazione del contenuto. Bisogna sempre fornire un contenuto chiaro, leggibile e semplice da navigare.

La prossima volta che vi troverete a dover ideare un contenuto fate caso alla tipologia di approccio che adottate. In particolare domandatevi se quello che avete in mente risponde all’idea di utilità che esso può avere per l’utente e chiedetevi se il contenitore è adeguato a ospitare la risorsa.

Del resto queste sono le linee guida che anche Google, il padrone del Web, detta!

Maria Pia De Marzo

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2 commenti

    1. Ciao Andrea, per scrivere contenuti è fondamentale saperli “indirizzare” altrimenti, come da te suggerito, si rischia di fare lavoro inutile.

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