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Un’intervista “vanitosa” con Anna Le Rose, alla scoperta dei segreti della scrittura web

Se non conosci Anna Le Rose ti sei perso un personaggio che merita tutta l’attenzione di questo mondo. Una ragazza tosta; una tipina tutta ironia e ingegno che dalla natia Calabria è stata adottata dalla rivoluzionaria Bologna; una peperina rossa che fa del sarcasmo e della dissacrante ironia le sue armi di forza.

Puoi iniziare ad avere un po’ le idee chiare sulla nostra ospite che, soprattutto, ha un dono in particolare: un grande talento per la scrittura, il che la rende adatta per discutere di Copywriting. Dare un’impronta al linguaggio per essere riconoscibile, definire la propria identità attraverso il lavoro online.

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Lasciamo ora spazio alla nostra chiacchierata con quella vanitosa di Anna.

  • Ciao Anna, grazie per aver accettato il nostro invito. Presentati ai nostri lettori: chi sei, da quando ti occupi di web e perché t’è venuta questa (malsana) idea?! :)

Ciao Vincenzo, grazie a voi! Sono Anna Le Rose, 32enne calabrese adottata da Bologna, sono un’autrice di chiacchiere femminili ironiche e spesso dissacranti, racconto l’amore con tutti i suoi vizi e qualche virtù, racconto qua e là cibo e vini, mi occupo di narrazione creativa e cerco di portarla anche nel web.

Ho aperto il mio primo blog circa 11 anni fa, ne ho cambiati molti, all’epoca scrivevo di musica dark-wave e affini, poi mi sono glitterata e ho scoperto questa mia cifra stilistica più leggera. Il primo lavoro pagato online l’ho avuto nel 2009 e da allora non ho più smesso, anche se non è stato e non è assolutamente facile, essendo tra l’altro un settore ormai in esubero.

Come mi è venuta questa malsana idea? Può essere che mi fossi fatta di Nutella e gli zuccheri mi avessero annebbiato il cervello. In realtà mi sono chiesta “Chi scrive tutte queste cose sui siti? Chi racconta?”, e cercando ho scoperto questa professione che nel tempo ho cucito a mia immagine e somiglianza.

  • Il tuo parere su Keliweb: perché consiglieresti la nostra azienda?

Perché è un’azienda leader nel settore, giovane e dinamica.

No, scherzo. Perché oltre ad agire alla base e sui fondamentali di un progetto web, grazie alla costante attività sui social e alla diffusione di informazioni attraverso il blog, può fare la differenza nella costruzione di un’attività che decide di avere una propria identità online.

  • Parliamo ora del tuo lavoro. Innanzitutto, non posso non chiederti cosa significa “vene vanitose”?!

Eccallà, iniziamo. Vene Vanitose non è altro che un femminilissimo gioco di parole che incarna il mio più grande obiettivo: aiutare le donne a trasformare i propri difetti in virtù, e se non proprio in virtù, almeno in una civile convivenza che passa dall’accoglienza di noi stesse.

Le vene varicose sono un comune difetto, lo si nasconde, può far star male, rende vulnerabili e non fa sentire belle. Ma se al di là di tutto questo scoprissimo qualcosa di bello invece? Se imparassimo ad essere più clementi con noi stesse, ad accogliere i nostri difetti e a giocarci? La leggerezza è un valore molto più importante di una varice sconfitta.

Ecco perché Vene Vanitose. Oltre che essere naturalmente un vezzo da copy.

  • Sei una web writer molto apprezzata dai colleghi, in particolar modo per il tuo stile di scrittura estremamente personale. Scelta “furba” o semplice passione che straborda nel tuo lavoro?

Davvero sono molto apprezzata? Wow. A volte lancio delle invettive così affilate che penso che l’unico desiderio di una parte di colleghi o lettori sia quello di chiudermi in una cassa di legno e disperdermi come Robinson Crusoe, e pure senza Venerdì a farmi compagnia.

Al di là di tutto questo ho tante conoscenze piacevolissime tra i colleghi, alcune stanno diventando amicizie, altre portano sempre gran bei consigli e collaborazioni e altre ancora momenti di assoluta ilarità.

La mia cifra stilistica non è una scelta furba, anzi, direi proprio il contrario perché non scrivo mai di lavoro, blog post, storytelling, competenze e cose del genere, quindi rischio di essere seguita più per le amenità che scrivo che per gli effettivi contributi positivi che posso portare scrivendo per un’azienda o per un progetto qualsiasi.

  • Nel tuo blog affermi che il tuo lavoro è (anche) raccontare storie. In quest’ottica, come pensi che lo Storytelling possa essere davvero utile per un’azienda che punta fortemente sulla comunicazione digitale?

Il mio lavoro è fondamentalmente raccontare storie. Un’azienda è fatta di storie perché al suo interno convivono le vite di chi l’ha costruita e di chi la manda avanti col proprio lavoro.

Veicolare informazioni utili per l’utente è raccontare una storia, anche se si tratta di classificare viti e bulloni importati dalla Papua Nuova Guinea, perché non si andrà solo a snocciolare quella classificazione, ma all’interno di un progetto digitale composito si racconterà anche tutto quello che c’è dietro il viaggio in Papua Nuova Guinea, il contatto con quel Paese, con gli autoctoni, con il loro modo di lavorare, con la ricerca del materiale etc etc.

Senza le storie non andiamo da nessuna parte, sono la memoria collettiva anche del progetto aziendale meno “storytelloso” dell’Iperuranio.

  • In linea con la domanda precedente, quant’è importante toccare il lato emotivo delle persone rispetto al dare contenuti curati e utili? Insomma, meglio un tutorial aranzulliano freddo e asettico o un contenuto ricco di passione e ricco di considerazioni personali?

Faccio io una domanda a te: davvero l’unica strada è quella di scegliere tra utile/freddo e personale/caldo?

L’abilità di un narratore che si presta a un settore tecnico come spesso è la scrittura per il web è proprio quella di saper dosare la vis della sua narrazione. Si può essere curatissimi e tecnici anche alleggerendo il tiro e calibrando la passione.

Troppa passione uccide, poca pure. Quindi direi che il risultato auspicabile è sempre quello della lettura di un contenuto che dica quello che deve dire ma che non risulti né svenevole né asettico. Per questo è fondamentale che un web writer si formi anche sulle tecniche di narrazione.

  • Scrittura creativa e scrittura per il web, quali differenze ci sono?

La SEO e i suoi adepti. Basta come risposta?

Al di là di questa piccola provocazione e al di là del discorso scrittura creativa vs scrittura per il web, mi rendo conto che spesso molti testi sono proprio carenti di potenza narrativa, questo perché un po’ chiunque si è prestato alla scrittura per il web dimenticando che anche se per il web, quindi in linea di massima meno pretenziosa e meno carica di aspettative, si tratta comunque di scrittura.

Io che reputo scrivere uno degli atti più nobili e responsabili, ci resto molto male perché vedo un pullulare di attività che riguardano tecnicismi, SEO etc etc e pochissime iniziative che invece fanno luce sull’arte della scrittura.

Non credi che invece sia necessario formare autori e web writer anche in questo senso?

Tornando alla domanda iniziale direi che l’unica differenza reale sta nella nella discrepanza tra chi scrive. Spesso gli autori del web non hanno dimestichezza con la pratica creativa, con le tecniche narrative e con la lingua italiana.

  • Sui social segui diversi colleghi, dai più affermati a quelli che hanno iniziato da poco. Quali sono, secondo te, gli errori che i giovani copywriter commettono più spesso?

Vado dritta come un panzer:

– Pensare che inserirsi in gruppetti faziosi sia la soluzione per avere più commissioni;
– Non osare e non maturare uno stile personale credendo che imitare pedissaquamente quello di un altro sia meglio;
– Non credere nei propri contenuti e quindi sottovalutare il valore delle proprie storie o crederci troppo e risultare quindi pesanti e pomposi;
– Lamentarsi dei colleghi;
– Non studiare l’italiano e le tecniche narrative pensando che siano sufficienti solo keywords e H1 o H2.

Questi sono vizi anche dei colleghi più affermati, comunque. E lasciami dire una cosa: siamo circondati da gente che lavora nella comunicazione e non sa comunicare. Personalmente non affiderei mai la mia comunicazione digitale a un professionista poco empatico, lamentoso e che fa errori ortografici.

  • Come sfruttare al meglio i Social Media per aumentare la visibilità di un Brand e/o di un professionista?

Non sono una digital strategist o una social media manager ma lavoro in collaborazione con loro per creare storie da raccontare.

Credo che l’errore più grande sia proprio a livello concettuale; non userei il termine “sfruttare” perché mi rimanda a un bene da consumare, preferirei parlare di utilizzo consapevole. E credo che l’unico utilizzo consapevole dei social sia quello di un’azienda che permette all’utente di riconoscersi in ciò che veicola. Da blogger i miei post che hanno avuto più successo sono stati quelli in cui chiunque poteva riconoscersi nelle parole che avevo scritto perché avevo raccontato una storia che poteva essere accaduta a chiunque. C’è bisogno di empatia.

Un esempio? Sono un dentista e vorrei portare la mia attività sui social. Svolgo una delle professioni che più terrorizzano le persone, la mia figura genera blocchi psicologici che poi portano a curarsi quando la situazione diventa catastrofica. Come posso fare la differenza in mezzo alla miriade di dentisti presenti sui social? Empatia. Pormi nello stato d’animo di chi deve venire da me a farsi curare e riuscire a smorzare la sua paura. I contenuti? Sceglierò un tono ironico ma professionale, prenderò in giro la classica situazione da paura del dentista, farò in modo che le persone, quindi potenziali clienti, possano riconoscersi in ciò che veicolo perché la comunicazione serve proprio a questo, ad accorciare le distanze.

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Beh, che dire?! Una chiacchierata davvero ricca di spunti e di riflessioni interessanti per quel che riguarda l’attività digitale e il modo in cui approcciarsi verso determinate realtà.

Ringraziamo la bella e simpatica Anna Le Rose per la sua disponibilità, con la speranza di poter collaborare nuovamente insieme… e chissà, magari qualcosa bolle già in pentola.

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