Strategie di marketing per le PMI, intervista a Lisa Bortolotti
Questa settimana abbiamo deciso di intervistare una professionista in grado di dare dei consigli e delle dritte davvero molto interessanti in merito a un settore in particolare, quello delle piccole e medie imprese.
Come deve comunicare un’azienda sul web? Quali sono le strategie di marketing da mettere in atto per avere dei risultati soddisfacenti? Insomma, come bisogna utilizzare il web per sostenere l’attività di un’azienda?! A tutte queste domande (e altro ancora) risponde la nostra ospite di oggi, Lisa Bortolotti.
Esperta di comunicazione aziendale, di strategie per PMI e strategist per DigitalGhost e profonda conoscitrice anche dei Social Media. Insomma, Lisa è una vera e propria miniera di conoscenze da cui possiamo imparare tutti davvero tanto.
- Buongiorno Lisa, benvenuta sul nostro blog. Possiamo iniziare con qualche parola in merito alla tua formazione professionale?
Buongiorno a te e grazie per l’ospitalità, ne sono onorata.
Sono laureata in economia aziendale: ho studiato all’Alma Mater di Bologna e prima ancora mi sono diplomata ragioniera. Durante la mia giornata mi divido in tre. Lavoro nella pubblica amministrazione part time in telelavoro; partecipo all’azienda di mio marito in cui mi occupo di strategie web per le aziende; ho inoltre un’esperienza quasi decennale nel mondo delle economie alternative e monete complementari da cui ho l’ambizione di creare un progetto formativo e consulenziale per agenti del cambiamento, per amministratori pubblici e per chi ha progetti territoriali da sviluppare nelle Comunità.
La mia vera passione, per cui studio costantemente, è per l’analisi sistemica, una disciplina contenitore che spiega come occuparsi di reti e relazioni progettuali. E’ quella disciplina che ha dato un nome al mio talento personale: saper cogliere e vedere relazioni di armonia o disarmonia fra gli elementi all’interno di un tutto.
- Una piccola curiosità: perché il nome cappuccetto bianco per il tuo blog?
“Cappuccetto bianco” viene da lontano. Quando il mio primogenito era piccolino inventavo storie per tenerlo occupato e “cappuccetto bianco” era il protagonista di queste micro-avventure. Nel 2001 aprii il mio primo sito e decisi di chiamarlo proprio “cappuccetto bianco”: in quegli anni il web era spoglio, poca concorrenza, la seo non esisteva. Pubblicavo “quello che mi piaceva” ed ero diventata un portale piuttosto visitato. Poi chiusi, per mancanza di tempo e stimoli.
Quando nel 2015 ho deciso di costruirmi una professione basata sui miei talenti, oltre che sulle mie competenze, ho riflettuto a lungo sul nome da utilizzare, considerato anche tutti i dettami che oggi si devono rispettare per andare on line.
Però io continuavo a sentirmi “cappuccetto bianco”: lei è il mio alter-ego. Ho deciso di mantenere il dominio originale e semplicemente arricchirlo con contenuti attuali. Anche trovare il giusto logo è stato difficile: fortunatamente ho trovato una collaboratrice bravissima che ha saputo dare un’immagine fisica a quello che avevo in mente.
Nel 2017 il sito verrà rifatto, come è giusto che sia: gli strumenti web seguono l’evoluzione strategica dell’azienda o del professionista e questo vale anche e soprattutto per me.
- Sei una professionista che svaria in diversi ambiti del mondo professionale, quindi chi meglio di te può dare pareri di un certo spessore su temi molto delicati. Innanzitutto, come vedi il mondo delle piccole imprese in Italia?
Qualche anno fa ho partecipato ad un corso al Politecnico di Milano: mi interessava saperne di più sulle pmi, soprattutto da chi il panorama italiano lo studia professionalmente. Dissero che in Italia c’è un parco di circa 5 milioni di imprese; loro studiavano solo le grandi aziende che erano grosso modo qualche centinaio. “Quindi” disse “noi non sappiamo nulla di tutte le 5 milioni di imprese italiane”. Fu molto deludente perchè gli strumenti conoscitvi devono essere al servizio dei professionisti e non viceversa. Da un punto di vista di posizionamento competitivo, invece, era chiaro che c’era ampio spazio per professionisti come me, che intendono supportare i piccoli imprenditori in questo periodo di grandi e veloci cambiamenti: un consulente con la visione sistemica ritengo possa essere molto utile.
Nel corso degli anni ho appreso una lezione importante: la differenza tra bottegai e imprenditori. I primi stanno dietro al bancone e non fanno nulla se non aspettare che il cliente entri nel negozio, ritenendo sia più che sufficiente avere un prodotto qualsiasi e un orario di apertura. L’imprenditore è ben altro. Mi capita di affermare, ma non lo dico spesso perché so di rischiare il linciaggio, che questa crisi ha avuto tuttavia il merito di aver cancellato anche molti bottegai, ormai inutili sul panorama economico. E’ un dato di fatto: di fronte alle avversità i primi a scomparire sono gli inefficienti.
Le PMI sono l’economia del paese. In quel frangente politico dove si prendono le decisioni spesso si ripete che le dimensioni del nostro apparato produttivo sono un problema, per la competitività internazionale. Io credo sia una stupidaggine colossale perché la dimensione microscopica, unita alla flessibilità e alla capacità di fare rete, sono vantaggi competitivi e punti di forza che forse solo noi al mondo possiamo vantare. Le nostre eccellenze, e lo sono da sempre, prima durante e dopo la crisi, lo sono grazie anche al fatto che sono sviluppate in forma di micro-impresa in rete con tutte le altre micro-imprese. Parlo ovviamente di esperienze imprenditoriali vincenti, non dei bottegai. Quando questa forma cambia, verso una dimensione più grande, si apre la porta al capitale estero che noi viviamo, noi italiani, giustamente, come una specie di lutto o di furto.
Gli imprenditori, quelli veri, quelli che nonostante la crisi emergono in tutta la loro capacità, si trovano di fronte alla vera sfida : la tutela dell’eccellenza nazionale in un contesto di grande e veloce cambiamento; senza modificare la loro natura e i loro vantaggi competitivi devono imparare a rivolgersi a un mercato che oggi usa strumenti differenti ma che apprezza ancora il prodotto e il servizio eccellente che solo l’imprenditore italiano sa dare. L’artigianalità è quel plus competitivo per cui un consumatore è disposto a pagare di più: l’imprenditoria italiana deve prendere coscienza di ciò e imparare a comunicare tutto questo sul mercato, specie internazionale.
- Quali sono, secondo il tuo parere professionale, gli errori che molte aziende commettono nel settore delle strategie di marketing, magari proprio perché essendo ai primi tempi di attività non si hanno ancora le idee ben chiare su cosa fare?!
Le aziende possono essere ai primi tempi della propria attività o essere al secondo primo tempo dell’attività su web: infatti oggi la maggior parte delle aziende è in fase di rivalutazione, riformulazione della propria presenza su web, magari dopo anni che un sito vegeta on line, fatto tanto per stare su internet.
L’errore fondamentale che tutte le aziende fanno è quello di pensare che il web sia qualcosa di staccato dalla propria attività, come se fosse un viaggio a parte, una scatolina da tenere ben chiusa rispetto a tutto il resto. L’imprenditore deve imparare che il web è uno strumento esattamente come la contabilità o il macchinario nel magazzino, e che deve essere integrato nelle strategie aziendali, ben pensato, obiettivi chiari, onestà nel suo utilizzo. Assieme a questo la cosa più difficile è far capire che il web è un processo, vivo e continuo, esattamente come l’azienda, e si evolve e segue l’imprenditore nelle sue decisioni, vicissitudini, cambiamenti. Questo strumento deve lavorare coerentemente con gli obiettivi aziendali. Per fare questo non serve sapere tutto dell’ultima trovata di Mark su Facebook ma avere chiaro l’abc dell’economia aziendale, di cosa sia una strategia, un obiettivo, una tattica. Affidare a un sito o a un social un obiettivo che non gli è proprio significa non portare valore all’imprenditore.
Dobbiamo abbinare obiettivi consoni e coerenti con il mezzo oppure sarebbe come pretendere di arare un campo di grano con una paletta da spiaggia.
- Parlaci della tua presenza nel gruppo di Facebook Adotta1Blogger, un ritrovo molto famoso tra i professionisti del settore. Quali vantaggi si possono trarre da realtà come i gruppi sul Social Media più importante del web per migliorare il proprio lavoro?
Quando ho deciso di diventare un consulente e costruirmi una professione avevo già chiaro quale fosse il punto di forza di questo social network: fare rete e la conversazione. Facebook va utilizzato in questo modo. Cercavo un luogo in cui non solo integrarmi ma poter anche osservare cosa facevano i professionisti del settore, dai blogger ai social media manager. Osservare è una delle attività più importanti che un consulente debba fare.
Sono approdata ad Adotta1Blogger per caso, direi grazie all’algoritmo di Mark. Paola Chiesa mi accettò subito e non era scontato: l’ho considerato un segno del destino. Fin da subito sono rimasta sbalordita di come una semplice regola avesse potuto rendere una difficoltà tipica di tutti gli altri gruppi in un punto di forza potentissimo: “condividi i post degli altri”. La quantità di materiale che circola all’interno del gruppo è vastissima e per me è stata una fonte formativa a volte anche troppo prolifica!
So che Paola Chiesa apprezza come me le tematiche di rete, condivisione, territoriali e questi, che sono temi non banali, sono per me elemento di vicinanza con lei. Attualmente la mia partecipazione è ridotta per due motivi: primo perché i partecipanti sono troppo veloci nell’adottare i post ed io, ahimè, arrivo sempre tardi, secondo perché volendo attivare il progetto legato alle economie territoriali ho spostato la mia attenzione di nuovo verso queste tematiche e quindi il mio tempo si è ulteriormente assottigliato.
- Ho trovato davvero interessante un tuo articolo sul cosiddetto Marketing sovversivo, una sorta di ancora di salvataggio per le aziende che rischiano di scomparire in un mare composto da metodi comunicativi troppo simili tra loro. Puoi dirci qualcosa in più su questo concetto?
Più che un’ancora di salvataggio, il marketing strategico non avrebbe mai dovuto mancare dalle “tavole” dei nostri imprenditori: quando si parla di marketing si fa riferimento solo a quello operativo, tattico, ma quali risultati possiamo sperare di raggiungere se non sappiamo neppure dove vogliamo andare? Purtroppo molti imprenditori non sanno rispondere a questa domanda e quando, durante i miei colloqui, li metto di fronte a questo aspetto vedo che mi guardano con odio perchè faccio emergere una problematica importante: manca la strategia. Non parlavo forse prima dei bottegai? I bottegai non fanno strategia, ma l’imprenditore sì e sa che se non vuol morire deve imparare a cambiare assieme al suo sistema del valore, il suo mercato di riferimento.
Quando ho assistito alla serata sul marketing sovversivo non sapevo che avesse questo nome: i “segnali deboli” li avevo sempre chiamati “rumori di fondo” ma era la stessa cosa. Invece che “sovversivo” ho sempre parlato, agli agenti del cambiamento che ho avuto modo di formare, di “inversione della logica”.
“Spiazziamoli!” diceva Abatantuono nel famoso film “Nirvana”.
Saper cogliere i segnali deboli è la qualità più importante che ciascuno di noi possa sviluppare ma ben pochi sono in grado di attivarla. Non basta usufruire di un software da 50 mila euro che scandaglia il web, riempiendoti di informazioni e caos. Ci vuole una sensibilità che va oltre la semplice elaborazione del dato ed essere in grado di averla o di aggiudicarsi il consulente che ha questa visione è un vantaggio competitivo notevole, soprattutto oggi che i segnali sono molteplici e contrastanti.
Ho suggerito un piano, per un cliente, che potremo definire di “marketing sovversivo”, tutte strategie, oggi, che permettono alle aziende di non chiudere: trasformare i propri competitor in clienti. Non è una cosa sufficientemente sovversiva?
Vorrei parlarti però anche del web. Osservare è importante ed io , avendo in casa due figli, ho un punto di osservazione privilegiato. La parte “sovversiva” che è in me percepisce in arrivo un cambiamento di portata “tsunami” e credo che non appena i millennials arriveranno sul mercato ( qualche anno non di più ) molti attuali “professionisti del web” cadranno e verranno travolti. Ancora oggi sento decantare la forza del blog o della newsletter come strumenti di web marketing, poi mi giro, guardo mio figlio e decisamente mi viene da sorridere. Spesso con mio marito, sviluppatore, scherzo e dico che non appena i millennials arriveranno, noi potremo comprarci un pezzo di terra e zapparla.
I segnali deboli sul mercato ci sono, vanno colti, ma per fare questo ci vuole silenzio, osservazione, una certa dose di umilità e anche un pochino di talento.
Del resto chi avrebbe mai detto che uno dei prodotti top del 2016 sarebbero state le crocchette vegane per cani e gatti? Eppure … Eppure in crescita il settore food, pet e vegan , hanno semplicemente fatto 1+1.
- Quanto sono importanti, per un’azienda che vuole iniziare il suo percorso sul web, usufruire di servizi di spessore che permetta di costruire un sito performante? A tal proposito, quant’è importante un piano web hosting di qualità per lavorare online?
Nel corso degli anni, con mio marito, abbiamo visto di tutto in tema di servizi di web hosting. In generale possiamo affermare che le aziende tendono a non occuparsi di questo importantissimo servizio, fino al punto, ti dirò, che molti non sanno neppure chi è l’azienda che fornisce il servizio mentre altri, ahimè, scoprono tardivamente che il proprio dominio è stato registrato in modo truffaldino e non ne hanno la proprietà.
Quello che suggeriamo ora a un cliente che voglia investire in un servizio performante, fermo restando che ci si deve rivolgere ad aziende serie, disponibili, non reticenti, è quello di puntare sulla velocità. Oggi i tempi di carico delle informazioni di rete sono fondamentali perché un utente, e quindi un probabile cliente, non ha voglia di aspettare più di una manciata di secondi perché si carichi una pagina web. Avere un servizio performante in questo senso, potente e veloce, può davvero fare la differenza. È un servizio che in taluni casi, per imprenditori consapevoli, vale la pena acquistare.
- Sei molto attiva anche con il tuo canale YouTube, proprio per questo voglio chiederti: come si può utilizzare al meglio il sito di video sharing per antonomasia a scopo di marketing?
Onestamente non sono la persona giusta per dare questo consiglio. Se avessi voluto fare marketing, e soldi, con Youtube probabilmente avrei iniziato a giocare a Maincraft con mia figlia 8enne aprendo un canale tipo “io e mia mamma”. Oppure avrei messo una telecamera in sala da pranzo, facendo video sulle nostre chiacchierate all’ora di cena che non sono proprio banali: quando l’ho proposto a mio figlio ha fermamente rifiutato: i millennials, a proposito, tengono molto alla loro privacy.
Il mio canale youtube è nato come contenitore dei video che nel corso degli anni mi sono stati fatti in varie occasioni pubbliche: a partire da TEDxBologna fino al corso “introduzione all’analisi sistemica”. E’ chiaro che in un contesto in cui, lo dice perfino Rovazzi, su web funziona solo l’intrattenimento puro, i miei video sono totalmente senza alcuna possibilità di riuscita. Sono però persuasa che a volte bisogna rimanere fedeli ai propri intenti e se è vero che il contenuto è ancora importante credo di volermi permettere una lunga sperimentazione in questo senso. Il canale youtube è un rafforzativo della mia immagine, quindi decisa la strategia di branding, è chiaro che devo utilizzare i video in modo coerente.
Del resto non ho nessuna intenzione di mettermi in competizione con youtubers del calibro di Favij o Fraffrog ( che mi piace molto ) o Breaking Italy.
- Un consiglio da parte tua rivolto agli imprenditori alle prime armi che si accingono ad affacciarsi nell’immenso mondo del web.
Il consiglio spassionato che vorrei dare è di fare prima di tutto un’analisi dell’azienda e in secondo luogo degli obiettivi che si vogliono raggiungere tramite gli strumenti del web. E’ bene attivare solo quegli strumenti realmente utili per gli obiettivi aziendali e non perdersi nei meandri di tutto quello che internet offre o di tutto quello che sembra carino da fare, magari perché ce l’ha un concorrente.
L’errore più grande che oggi si possa fare è prevedere uno strumento web che non si sa, non si ha tempo, non si potrà poi seguire. L’esempio classico è la newsletter che richiede costanza e una certa capacità di raccogliere, organizzare e rielaborare contenuti, oppure il blog che tutti gli imprenditori vogliono, anche perché nel settore tutti lo consigliano, ma non hanno le forze interne per seguirlo e neppure vogliono investire su un professionista esterno. E’ importante che l’imprenditore venga guidato ad attivare solo quegli strumenti per cui ha la forza, interna o esterna, per seguirli in modo adeguato, riuscendo così a supportare efficacemente la propria reputazione. Spesso quindi il lavoro più importante è sulla semplificazione: pochi elementi, davvero utili, specifici per l’azienda, che si possano seguire con costanza avendo però chiaro cosa si attiverà in futuro non appena queste nuove attività diventeranno consuetudinarie all’interno dell’organizzazione.
Una volta una cliente mi disse “ma Facebook è come avere un altro lavoro!”. Vero, verissimo. Spesso gli imprenditori vogliono tutto, salvo poi accorgersi il giorno dopo che richiedono competenze, tempo e che non si gestiscono da soli. Questo lavoro di presa di coscienza è importante ed è fondamentale che l’imprenditore capisca che il web, un sito, un blog, Facebook sono processi che devono accompagnare l’azienda nel suo sviluppo nel tempo; passo passo crescono con l’evolversi dell’impresa e vanno coltivati, attivati quando è il momento, gestiti, testati. Una volta ho dissuaso un amico che voleva assolutamente il blog nel suo sito: “amico mio, tu non avrai mai il tempo di seguire un blog, non hai nemmeno tempo di pranzare!”
Ringraziamo Lisa Bortolotti per la sua disponibilità, con la speranza di poter collaborare nuovamente insieme molto presto. Buon lavoro Lisa :)
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