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“Più infedeli con WhatsApp e i social network”, l’allarme degli avvocati

Potrebbe sembrare una ben misera scusa per instaurare il processo all’intenzione, una tipologia di “procedimento” molto in voga nel nostro Paese. Da che mondo è mondo, l’infedeltà nel rapporto di coppia, specialmente nelle copie sposate, è antica quanto il concetto di amore stesso. Sembra inutile, perciò, andare a demonizzare l’utilizzo dei social per tentare di giustificare le inclinazioni di molti, ma tant’è.

L’allarme degli avvocati matrimonialisti è più serio di quanto si possa immaginare; la categoria punta direttamente contro l’uso (o in questo caso sarebbe meglio dire abuso) di applicazioni come il famoso WhatsApp o i social in generale, come Facebook e Twitter. E’ ovvio che l’utilizzo di queste piattaforme permette a molte persone di conoscere tante persone, quindi la possibilità di instaurare nuovi rapporti cresce sensibilmente.

L’avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione degli Avvocati Matrimonialisti Italiani, afferma che “L’infedeltà nella coppia è sempre più tecnologicamente assistita, nel mondo occidentale e soprattutto in Italia i social network stanno contribuendo a sfasciare molte famiglie, perché rappresentano un sistema veloce ed immediato per intrattenere rapporti interpersonali, allacciare nuove amicizie e tradire il partner. Ovviamente non è lo strumento in sé a fare del male, ma è indubbio che amplifichi a dismisura le voglie e le possibilità del fedifrago seriale e di quello occasionale. Secondo un’indagine del Centro Studi dell’AMI, basato sull’incrocio dei dati provenienti da molti studi legali, WhatsApp ha superato Facebook in termini di pericolosità, tanto è vero che nel 40% dei casi le infedeltà si scoprono ormai con WhatsApp, che è un modo, ancora più rapido di Facebook e di Twitter, per mandare messaggi ed immagini in tempo reale e a costo zero. Pertanto WhatsApp non solo porta all’appuntamento con l’amante ma anche a quello davanti al giudice. Controversa è l’utilizzabilità dei messaggi su WhatApp, che di solito il tradito fotografa e allega come prova dell’adulterio. Sul punto la Giurisprudenza non è univoca e costante, seppure molti Tribunali ammettano messaggini, cuoricini e faccine come dimostrazione del tradimento. Perciò attenzione, un cuoricino o uno smile di troppo possono costare risarcimenti, appartamenti e anni di causa”.

Inutile sottolineare come il ragionamento del noto avvocato, sicuramente inattaccabile dal punto di vista procedurale e intermini di legge, lascia perplessi per quanto riguarda il significato dei concetti espressi. Si evince una scarsa considerazione dell’importanza dello sviluppo di queste applicazioni e questi social che stanno modificando radicalmente il modo di comunicare in tutto il mondo. Se poi vogliamo condannare il concetto di “infedeltà” allora sarebbe meglio analizzare la storia dei comportamenti umani piuttosto che puntare il dito contro un nuovo modo di comunicare. Come se 30 anni fa si fosse pensato di condannare l’utilizzo della carta per la possibilità di avere una corrispondenza con qualcuno. Forse sarebbe meglio analizzare i problemi insiti nel rapporto di coppia e lo stress causato dall’assenza di lavoro e dall’impossibilità di sviluppare adeguatamente una propria identità, piuttosto che condannare WhatsApp e simili visto che, fino a prova contraria, il tradimento esisteva già prima dell’arrivo dei social network.

 

Vincenzo Abate

 

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